Non solo gli archi
                                                                a Steven Mead

Il suono d’un eufonio ruffiano
oltrepassava i tetti
del chiostro antico
rincorrendo i chiarori delle stelle
con note ora gravi, ora acute.
E Dio, tra i suoi Cherubini,
ormai distratto,
si gloriava peccaminoso
di quel concerto di Aranjuez
che Steven baroccheggiava genuflesso
sul suo strumento,
per una preghiera di ringraziamento.
Non solo gli archi arrivano in cielo!

Amantea, 5 Luglio 2009                            Salvatore Sciandra

Cartolina Illustrata

       Le sere d’estate, mi dicevano gli amici, devono essere spensierate, fatte di un quadratino di pizza ed un bicchiere di birra, di spettacoli frivoli, d’incontri senza protocollo, di vestiti leggeri, senza cravatta e col pullover sulle spalle.
       Nulla, ripetevano, deve essere troppo serio o che comporti una particolare attenzione. D’estate fa caldo. Le cose troppo impegnative riserviamole alle fredde sere d’inverno.
       Io non ho mai dato troppo ascolto a queste voci. Non per superbia o irriguardoso voler navigare contro corrente, ma consapevole che le belle cose, quelle che riescono a trasmettere autentiche sensazioni di letizia, quelle che con qualsiasi tempo ti fanno accapponare la pelle, non devono essere necessariamente racchiuse in spazi e tempi, programmati, che non appartengono all’animo.
       Io non la conosco Mister Steven Mead e sono stato trascinato, al concerto dell’Orchestra di Fiati Mediterranea, non tanto dal suo nome o dal suo bombardino, ma dalla curiosità di constatare “ de visu” fin dove arrivassero quei racconti, troppo carichi d’enfasi e quasi sdolcinati, che, in ogni occasione, l’amico architetto, non si risparmiava di farmi, parlando di lei, della sua musica e del suo eufonio.
       Io credevo che quel suo tozzo strumento, visto spesso sulla bocca dei Clown, per sbeffeggiare  con ilarità la scena, o nelle bande, quando le note gravi fanno da accompagnamento, avesse soltanto un impiego marginale e secondario. Che in quel chiostro, costruito soprattutto per elevare lo spirito, fossero gli archi, i clarini, i flauti e gli oboi a dover concertare suonate da trasporto e melodie da sogno.
       Lei apparve nel chiostro da un arco a tutto sesto, inondato di luce, con la sua testa a biglia ramata, stringendo al petto il suo strumento con la voluttà di un consumato amante latino (un anglosassone?).
       Quel voler essere un tutt’uno con il suo strumento, mi ricordava Françoise Sagan quando diceva che aveva guidato scalza per sentire che  macchina e corpo fossero una cosa sola.
       Poi le sue dita cominciarono a ritmare carezze sui pistoni e le sue labbra a baciare, con irrefrenabile passione, quel bocchino d’ottone, e prese corpo , in armonie di note, il “ Concierto de Aranjuez”.
       Tommaso toccò le piaghe del Signore e credette! Ed ecco rimbalzarmi nella mente quello che diceva Paul Verlaine parlando dell’Ars poetica : “ Avant tout la musique”; E Gabriele D’annunzio, quando dirigeva l’orchestra nel concerto de “ La pioggia nel pineto” : << E il pino/ ha un suono, e il mirto / altro suono , e il ginepro / altro ancora. Strumenti ,/ diversi sotto innumerevoli dita >>.
       Lei ha fatto, della sua musica, poesia. Non è lo strumento quindi che crea melodie, ma chi lo suona. E lei, Maestro, da quell’eufonio dalla forma tozza sgraziata, è riuscito a trasformare una delle tante serata d’estate in un incontro che già di per sè può farci ricordare tutta una stagione.
       Per ciò io la ringrazio, e la ringrazio anche per tutti gli amanteani che non sono riusciti ad assaporare la sua musica, con la certezza che quel suo concerto è anche un atto d’amore verso la mia città che appartiene, non a chi la abita, ma a chi l’ama senza condizionamenti.
<< Sei nell’anima, i lì ti lascio per sempre >>.

Amantea, 5 Luglio 2009                                                    Suo Salvatore Sciandra

Salvatore Sciandra

"Un artista eclettico e senza confini.
Poeta, scrittore, pittore, commediografo, animatore del “Glicine”, dove hanno esposto ed espongono pittori d’ogni parte d’Italia, Totò non cessa mai di stupire quanti non lo conoscono personalmente e non sanno della sua vita di sacrifici nella quale ha forgiato un carattere forte.
Come tanti, anche lui – con la sua valigia di cartone – ha conosciuto la malinconia della lontananza, la solitudine, il sacrificio: sentimenti immanenti in ogni sua opera che lui supera con un inno di speranza affidato di volta in volta ai suoi versi, ai suoi pennelli, ai suoi personaggi."
            (Tratto da www.amanteaninelmondo.info)