APPUNTI DI TEORIA MUSICALE
La musica è fatta di suoni,
cioè di vibrazioni sincrone e uguali fra loro, ordinate e regolari, e quindi
facilmente determinabili. Dai suoni si distinguono i rumori, i quali sono,
invece, prodotti da vibrazioni disordinate e irregolari, e quindi non
determinabili. I suoni possono essere riprodotti con esattezza dalla voce
umana; i rumori possono essere solamente imitati con una certa
approssimazione.
A seconda di come sono organizzati fra loro, i suoni possono dar origine al
ritmo,
alla melodia
o all'armonia.
Il ritmo: Il ritmo
è fatto di suoni consecutivi che si susseguono in base alla durata e
all'accentazione.
Poiché il ritmo si basa sulla
durata
e sull'accentazione
dei suoni e non sulla loro determinatezza, possiamo fare del ritmo anche con
dei semplici rumori, battendo le mani o schioccando le dita, oppure
utilizzando strumenti a percussione come il tamburo, i piatti, le nacchere
ecc...
La varietà di un ritmo dipende dalla diversa durata e accentazione dei suoni
che lo compongono. Una serie ininterrotta di suoni con lo stesso accento non
può che produrre un unico monotono tipo di ritmo. L'alternarsi di accenti
forti e deboli conferisce una caratteristica unica al ritmo. Se gli accenti
cadono liberamente e senza regolarità si ha un
ritmo libero
(come ad es. nella prosa); se invece cadono secondo uno schema fisso si ha un
ritmo misurato
(come ad es. nella poesia).
La quasi totalità della musica occidentale, sia sacra che profana, è
caratterizzata da un
ritmo misurato.
Un esempio importante di
ritmo libero
è rappresentato dai
canti gregoriani.
La misurazione
del tempo
Quando gli accenti forti cadono con regolarità si ha un ritmo definito, che è
possibile misurare e rappresentare.
La
battuta o misura
Una volta che si è stabilita la misurazione del tempo (tempo binario,
ternario, quaternario...) è possibile suddividere una serie ritmica in tante
unità di uguale durata ed accentazione, che iniziano ciascuna in
corrispondenza dell'accento forte del primo movimento e terminano sull'ultimo
movimento. Tali unità prendono il nome di
battute
o misure,
e sono separate l'una dall'altra da stanghette verticali. Poichè, come si è
detto, la battute hanno tutte una durata prestabilita, entro tale durata
possono trovare posto valori diversi, la somma totale delle cui durate, però,
deve corrispondere a quella prefissata di ciascuna battuta.
Le figure di
valore
I segni con i quali comunemente nella musica si indica la diversa durata dei
suoni sono detti
figure di valore,
e sono sette:
Le figure
di valore stanno fra loro secondo un preciso rapporto numerico, per il quale
andando dalla semibreve verso la semibiscroma, ciascuna figura misura
esattamente il doppio della seguente e la metà di quella precedente (esclusi
gli estremi ovviamente).
Fatta eccezione per la semibreve, tutte le altre figure sono munite di
gambo,
e a partire dalla croma anche di
uncini.
La semibiscroma ha quattro uncini la croma uno. Quando, nella musica
strumentale, si susseguono più figure aventi degli uncini, tali figure,
anziché essere scritte separate, ciascuna con i propri uncini, vengono
preferibilmente scritte collegandole fra loro con delle
aste.
Le pause
Nella musica le pause vengono rappresentate con segni la cui durata
corrisponde esattamente a quella delle rispettive figure.
La legatura e il
punto di valore
La legatura di
valore fa sì che
un suono abbia durata pari alla somma dei valori delle figure legate. Si
rappresenta con una linea curva che viene tracciata sopra o sotto le figure da
sommare. La legatura di valore, ovviamente, si traccia solo fra due note
uguali, della medesima altezza.
Un altro sistema con cui si può accrescere la durata di un suono è il
punto di valore.
Il punto di valore, posto a destra della figura o della pausa, accresce figure
e pause della metà del loro valore. I punti di valore possono essere anche più
di uno. I punti successivi al primo (posti alla sua destra) valgono ciascuno
la metà del precedente. Il secondo punto vale la metà del primo, il terzo la
metà del secondo e così via.
Il tempo
Il tempo viene indicato all'inizio di un brano musicale ed informa sul ritmo
del brano stesso. È l'unità di misura della battuta e corrisponde al valore
della durata complessiva della battuta stessa. Tale durata corrisponde alla
somma delle durate di ciascun movimento. Una battuta in tempo quaternario, ad
esempio, con movimenti della durata di un quarto, è una battuta con tempo
quattro quarti. E viceversa, un tempo quattro quarti significa che ogni misura
ha la durata di quattro figure o pause di un quarto e si suddivide (viene
battuta) in quattro movimenti, due in battere e due in levare.
Il tempo viene rappresentato mediante una frazione in cui il numeratore indica
la quantità
e il denominatore il
tipo di figura.
La figura indicata dal denominatore è detta
unità di tempo.
A seconda che al numeratore figuri un numero pari o un numero dispari, il
tempo può essere
pari o
dispari.
TEMPI PARI
2/2 durata due minime - 2 movimenti (1 in battere, 1 in levare)
4/4 durata quattro semiminime - 4 movimenti (2 in battere, 2 in levare)
2/4 durata due semiminime - 2 movimenti (1 in battere, 1 in levare)
6/8 durata 6 crome - 2 movimenti (1 in battere, 1 in levare)
12/8 durata 12 crome - 4 movimenti (2 in battere, 2 in levare)
TEMPI DISPARI
3/4 durata tre semiminime - 3 movimenti (2 in battere, 1 in levare)
3/8 durata tre crome - 3 movimenti (2 in battere, 1 in levare)
9/8 durata nove crome - 3 movimenti (2 in battere, 1 in levare)
Le battute
semplici - sono quelle costituite da tempi con suddivisione binaria. 2/2; 2/4;
2/8; 3/2; 3/4; 3/8; 4/2; 4/4; 4/8;
Le battute composte - sono quelle costituite da tempi con suddivisione
ternaria. 6/4; 6/8; 6/16; 9/4; 9/8; 9/16; 12/4; 12/8; 12/16;
La sincope
Ogni misura è formata da accenti (tempi) forti o deboli. Quando un suono
inizia su un tempo debole prolungandosi sul tempo forte immediatamente
seguente si ha una sincope. L'effetto principale prodotto dalla sincope è uno
spostamento dell'accento ritmico. La sfasatura tra gli accenti della melodia e
quelli del ritmo provoca un contrasto carico di dinamismo. La musica jazz
(ritmo sincopato) si caratterizza, ad esempio, per l'uso di continue sincopi,
determinate dal fatto che gli accenti forti delle sezioni melodiche non
coincidono quasi mai con quelli delle sezioni ritmiche.
I gruppi
sovrabbondanti
La varietà del ritmo può anche dipendere dalla presenza di
gruppi irregolari
o sovrabbondanti
(terzina, quintina, sestina...). Si tratta in genere di gruppi di figure di
eguale durata in cui il valore delle singole note è inferiore a quello che
dovrebbe essere se si trattasse di analoghi gruppi regolari. In sostanza viene
sottratta una porzione di valore ad ogni figura affinché il gruppo
sovrabbondante non alteri il ritmo della battuta.
Il movimento
Il movimento è la diversa velocità che può essere impressa al ritmo. Il
movimento (allegro, moderato, adagio...) è uno degli elementi espressivi
fondamentali di un brano, peciò i compositori sono soliti indicarlo con
precisione. Le espressioni "a piacere" o "ad libitum" significano che la
scelta del movimento è lasciata alla sensibilità dell'esecutore. I movimenti
si possono suddividere in tre categorie:
movimenti lenti: Largo, Adagio, Grave, Lento, Larghetto.
movimenti moderati: Moderato, Andante, Andantino, Sostenuto, Mosso.
movimenti veloci: Allegro, Presto, Vivace.
Le
variazioni di movimento all'interno di un brano vengono indicate con
espressioni quali: rallentando, ritardando, diminuendo, meno mosso, calando o
morendo, per indicare un rallentamento del ritmo; stringendo, incalzando,
accelerando, più mosso, per indicare un accelerazione del ritmo. Il ritorno al
movimento iniziale si indica con il termine "a tempo".
Il metronomo
Il metronomo è uno strumento meccanico o elettronico che producendo dei
battiti al tempo prestabilito indica il movimento.
LA MELODIA:
La melodia è fatta di suoni
consecutivi che si susseguono in base alla durata, all'accentazione e
all'altezza.
La melodia non si basa solo sulla durata e sull'accentazione dei suoni, come
il ritmo, ma anche sulla loro altezza (diverso numero di vibrazioni). Se
dunque per realizzare il ritmo bastano anche dei semplici rumori, per
realizzare la melodia occorrono suoni ben determinati.
Le figure di valore indicano la durata dei suoni, la loro posizione sul
pentagramma, invece, ne indica l'altezza.
Il pentagramma
Il pentagramma
o rigo musicale
è formato da cinque linee orizzontali che delimitano quattro spazi. Le figure
di valore si collocano all'interno degli spazi o a cavallo delle linee. Per i
suoni, la cui altezza oltrepassa l'ambito del pentagramma, si prolunga la
serie di spazi e linee tramite i cosiddetti
tagli addizionali,
che, a seconda che attraversino la figura o le stiano sopra o sotto, si dicono
rispettivamente
tagli in testa o
tagli in collo.
I tagli posti al di sopra del pentagramma indicano suoni sempre più acuti
(alti), mentre quelli posti al di sotto indicano suoni sempre più gravi
(bassi).
La chiave e il
setticlavio
La chiave, un segno convenzionale posto all'inizio del pentagramma, stabilisce
il punto di altezza delle note sul pentagramma. L'uso di chiavi diverse nella
musica deriva da esigenze di praticità nella scrittura e nella lettura di un
brano musicale. Poichè gli strumenti musicali, così come le voci, hanno
estensioni diverse, (gravi, medie o acute) se per tutte le partiture si
utilizzasse la stessa chiave, (ad es. chiave di sol o di violino) alcune parti
fra le più gravi e le più acute risulterebbero difficilmente leggibili in
quanto scritte sempre sotto o sopra il pentagramma, utilizzando un numero
indecifrabile di tagli addizionali. Tale inconveniente è stato superato
mediante l'utilizzo di sette chiavi (quattro di do, due di fa, una di sol),
che vengono classificate secondo il tipo di voce o secondo lo strumento per
cui sono generalmente usate. Le chiavi, in sostanza, fissando il nome della
nota base in diversi punti del pentagramma, fanno sì che la parte di ciascun
strumento o di ciascun tipo di voce risulti scritta il più possibile
nell'ambito delle cinque linee e dei quatto spazi delimitati dal pentagramma
musicale.
L'insieme delle sette chiavi, che, come si è detto, sono di tre tipi, prende
il nome di
setticlavio.
Le chiavi di do, così dette perché fissano la posizione della nota do sul pentagramma, sono quattro: soprano (do sulla prima linea), mezzosoprano (do sulla seconda linea), contralto (do sulla terza linea), tenore (do sulla quarta linea). Il do, di frequenza 256, è quello dell'ottava centrale del pianoforte.
Le chiavi di fa, così dette perché fissano la posizione della nota fa sul pentagramma, sono due: baritono (fa sulla terza linea), basso (fa sulla quarta linea). Il fa, di frequenza 171, appartiene alla piccola ottava del pianoforte, all'ottava posta, cioè immediatamente sotto a quella centrale.
La chiave di sol, chiave di violino, fissa la posizione della nota sol sulla seconda linea del pentagramma. Il sol, di frequenza 384, appartiene all'ottava centrale del pianoforte (256-512).
Le chiavi
più usate sono quelle di violino e di basso. La musica per strumenti ad
estensione molto ampia, come il pianoforte, viene scritta sue due pentagrammi:
quello superiore, generalmente destinato alle note da eseguire con la mano
destra, porta la chiave di violino; quello inferiore, per le note della mano
sinistra, porta la chiave di basso.
Intervalli, toni
e semitoni
Ogni suono di una scala è determinato da un certo numero di vibrazioni, che
aumenta man mano le note si fanno più acute. La differenza tra le vibrazioni
di due note diverse prende il nome di
intervallo.
L'intervallo tra due note è più o meno grande a seconda che esse siano più o
meno distanti tra loro nell'ordine della scala.
La legatura di
portamento e la legatura di fraseggio
La legatura di
portamento si pone
tra due o più note diverse (note legate), affinchè vengano eseguite in modo
che non si avverta alcuno stacco fra loro. Nel canto la legatura di portamento
da luogo al
vocalizzo in
quanto può essere effettuata solo su una vocale.
La legatura di
fraseggio serve a
delimitare le diverse frasi del discorso musicale, legando fra loro le note di
ciascuna frase, che viene così distinta da quella successiva. Il segno che la
rappresenta è un segno di espressione non di valore, serve, infatti, solo a
dare respiro al discorso musicale.
I segni
d'alterazione
L'ottava si divide in dodici semitoni e si compone di dodici note. Alle sette
note della scala naturale, dunque, si aggiungono altre cinque note. Per
questioni di semplicità si è convenuto di mantenere, per ciascuno di questi
cinque suoni, il nome delle note immediatamente precedenti o seguenti,
ponendovi accanto un segno speciale, il
segno di alterazione,
con la funzione di indicare che tale suono va abbassato o innalzato di un
semitono. Il
diesis (#) è il
segno che serve a innalzare la nota di un semitono. Il
bemolle
(b) serve, invece, per abbassarla di un semitono. In un sistema musicale
temperato il semitono ascendente di una nota (#) corrisponde come suono al
semitono discendente della nota immediatamente successiva (b). Per questo
motivo le cinque note alterate di una scala naturale hanno due nomi diversi,
anche se il suono corrispondente è lo stesso.
Esiste un terzo segno di alterazione, il
bequadro,
la cui funzione consiste nell'annullare l'effetto dell'alterazione. La scala
formata da tutti semitoni prende il nome di
scala cromatica.
La scala naturale, formata da cinque toni e due semitoni prende anche il nome
di scala
diatonica.
Le scale
diatoniche e i modi
Esistono tante scale diatoniche quante sono le note (7+5). Le scale diatoniche
esistono però in due modi:
modo maggiore
e modo minore,
a seconda di come si succedono gli intervalli. Nel modo maggiore i due
semitoni si trovano rispettivamente tra il terzo e il quarto grado e tra il
settimo e l'ottavo. Nel modo minore i due semitoni si trovano, invece, tra il
secondo e il terzo grado e tra il quinto e il sesto grado.
I due modi
hanno caratteristiche espressive diverse. Il modo maggiore è più chiaro,
brillante, solenne. Il modo minore, invece, più malinconico e sentimentale.
La tonalità
Poiché un brano musicale, o il tema principale di un brano, può essere
costruito sulle note di una scala piuttosto che di un'altra, esso può essere
definito anche dal nome o, meglio, dalla tonalità della scala su cui è
costruito. Il centro tonale di una scala si trova nel primo grado della scala
stessa, la tonica appunto, attorno alla quale tutte le altre note tendono a
ruotare, come i pianeti di un sistema solare. In altre parole la tonica ha
carattere conclusivo, stabile, è il punto di riposo verso il quale tutta la
melodia e l armonia del brano tendono ad accentrarsi. In un brano musicale si
fa spesso uso di più tonalità.
La dinamica
Uno strumento espressivo molto efficace è la dinamica, ovvero la variazione di
intensità dei suoni. Le variazioni dinamiche si indicano per mezzo di segni
convenzionali:
Per indicare un diminuendo o un crescendo improvviso si utilizzano nei punti voluti delle linee convergenti (diminuzione dell'intensità) o divergenti (aumento dell'intensità).
L'ARMONIA:
L'armonia è fatta di suoni
contemporanei che stanno in relazione tra loro in base a reciproci rapporti di
affinità (accordi)
L'armonia si basa sugli
accordi,
ossia su più note che risuonano contemporaneamente. Solitamente gli accordi
sono costruiti sulle note delle scale (maggiori e minori) e, dunque, possono
essere sia maggiori (esprimono uno stato gaio) che minori (esprimono uno stato
malinconico). La prima nota su cui gli accordi sono costruiti (nota base
dell'accordo) conferisce il nome all'accordo stesso. Gli accordi sono usati
per armonizzare una melodia, per creare cioè lo sfondo ideale su cui si svolge
la parte melodica di un brano musicale.
Consonanze e
dissonanze
Gli accordi possono essere
consonanti
e dissonanti.
I primi risuonano con un senso di quiete, di stabilità, senza contrasti o
tensioni e, dunque, non necessitano di essere
risolti
su nessun altro accordo. I secondi, invece, danno un senso di tensione, di
instabilità, e tendono, quindi, a risolversi su accordi più stabili
(consonanti).
L'equilibrio armonico nasce da un giusto alternarsi di consonanze e
dissonanze.
Il giro armonico
delle canzoni è spesso molto semplice, ed è generalmente basato su tre accordi
le cui note base stanno fra loro in rapporto di quinta (es. SOL DO FA).
* Tratto da www.folklore.it *