LA BANDA
di Paolo Tonelli
Paolo Tonelli, in un suo articolo apparso sulla rivista "Midi-Songs" spiega i motivi della sua riscoperta del mondo bandistico e fornisce qualche "dritta".
Un argomento lungo, poiché la banda, al pari dell'orchestra sinfonica, è una formazione camaleontica, capace di profonde trasformazioni esteriori (l'organico strumentale, che può assumere molteplici forme, variabili anche da nazione a nazione) e "interiori" (il repertorio) che possono sfuggire ad un osservatore un po' distratto, ma che coinvolgono e qualche volta affliggono quanti ne fanno orgogliosamente parte, come abbiamo scoperto andando a curiosare nei "forum" dei numerosi siti Internet ad essa dedicata.
VAI CON I FIATI
E veniamo alla banda.
La diffusione di questo insieme strumentale è enorme, sia in Italia che
all'estero, e il numero delle persone impegnate direttamente nell'attività
musicale bandistica è altissimo.
Non conosco le cifre ufficiali, ma di sicuro la banda da questo punto di vista
è un temibile "concorrente" (sebbene sarebbe più corretto dire "è una
splendida esperienza complementare a...") dei gruppi corali, altrettanto
diffusi e numerosi dalle Alpi alla Sicilia e in ogni angolo del globo.
Voglio essere sincero: non mi sarebbe mai venuto in mente di occuparmi di
questo tema nella presente serie di articoli, se non fosse stato per
l'incontro con due persone squisite che, in circostanze molto diverse, mi
hanno portato alla riscoperta di questa formazione.
Difatti il mio
rapporto con la banda era, come per molti altri musicisti classici e non, e
forse per la maggioranza degli ascoltatori dei loro concerti nelle piazze del
paese, alquanto superficiale, quasi fosse un fenomeno folkloristico da fiere e
sagre popolari, da non prendere, diciamo così, troppo sul serio.
Certamente questo atteggiamento di noncuranza, ovvero il non provare una
particolare attrazione per questo complesso strumentale, dipendeva in larga
misura dal livello qualitativo medio degli esecutori che, nella mia zona,
almeno fino a qualche tempo fa, era piuttosto modesto.
Non si può
negare infatti che molti dei frequentatori delle feste patronali dei dintorni
si ricordano della banda "di paese" (tralasciamo per ora quelle "militari" che
sono sempre state un'altra faccenda) come di una compagnia di gente "alla
mano", composta da una schiera di ragazzini alle prime armi con uno strumento
musicale, tenuti "a balia" da un gruppo di anziani dediti alla buona tavola (e
al buon vino) piuttosto che alla buona musica, con conseguenti, immaginabili
svarioni che rendevano la banda l'estrema espressione del dilettantismo. In
senso buono, dal momento che radunava giovani e meno giovani uniti dal
"diletto" di fare musica insieme, appassionati e genuini, ma tecnicamente non
irreprensibili.
Mi sembra di ricordare addirittura un film (forse era Totò o qualcun altro dei
nostri grandi comici) nel quale degli scalcagnati bandisti e il loro maestro
venivano dipinti come delle spassosissime "macchiette". In alcune zone
d'Italia e in determinati ambienti sociali quanto sopra descritto era la
verità; in parte la è ancora, in parte è invece per fortuna superata: a
seguito di grossi impegni organizzativi, editoriali e didattici, il fenomeno
"banda" si sta muovendo verso una qualità degna di essere presa in
considerazione.
LA RISCOPERTA DELL'AMERICA
Ma com'è maturato nel sottoscritto il rinnovato interesse per i complessi bandistici, vi chiederete, e se non ve lo chiedete ve lo racconto ugualmente.
La prima tappa è stata l'incontro con Mr William Relton, direttore d'orchestra, trombettista ed ex-dirigente della BBC Symphony Orchestra, grazie al quale ho avuto l'occasione di assistere più volte a delle magnifiche esibizioni di "brass bands" inglesi (le brass bands, di cui parleremo in una puntata successiva, sono la versione britannica delle nostre bande, da cui si discostano parecchio per una serie di motivi che vedremo).
La seconda è merito del Disma Music Show di Rimini dell'anno scorso: gironzolando da un padiglione all'altro col naso per aria senza meta mi sono felicemente imbattuto nelle Edizioni Musicali Wicky, casa editrice milanese specializzata in musica per banda;
un paio di cataloghi con acclusi CD contenenti le prime battute delle composizioni presentate, molto piacevoli ed ottimamente eseguite da complessi italiani, e la chiacchierata col loro collaboratore M° Piero Michi, cortesissimo dispensatore di preziose informazioni, hanno dato l'avvio a ricerche più approfondite.
Siti Internet,
(ce ne sono tantissimi, anche in italiano, e nella bibliografia ne trovate una
prima selezione), archivi polverosi di bande non più in attività, articoli
apparsi su riviste, trattati di strumentazione: distilla, taglia, incolla e
mescola in dosi opportune, ne è venuto fuori un articolo lunghissimo, dagli
effetti euforizzanti (basterà ascoltare i frizzanti midifiles proposti di
volta in volta), che vi somministrerò a piccole dosi per non farvi risultare
positivi ai controlli antidoping.
COME ERAVAMO
Banda significa strumenti a fiato, in compagnia di percussioni varie e le
parole strumenti a fiato, nonostante l'enorme varietà, di solito fanno venire
subito in mente gli ottoni, e questi le trombe, associate spesso ad immagini
ed atmosfere marziali ovvero militari.
E proprio nell'ambito militare, nel quale bisogna includere anche i tornei,
non certo quelli di calcetto dei nostri giorni, ma quelli un pochino più
feroci che avevano come protagonisti gladiatori, arcieri, cavalieri, piloti
(di bighe) erano in uso già al tempo degli antichi Romani dei complessi di
fiati che accompagnavano in trionfo i vincitori e spernacchiavano gli
sconfitti.
Caduto il Sacro Romano Impero caddero anche queste manifestazioni e ci
ritrovammo nel medioevo dove le bande erano un'accozzaglia di suonatori di
strumenti di varia natura. I primi complessi di strumenti a fiato con
prevalenza di ottoni e percussioni, precursori di quelli moderni adatti per
concerti all'aperto, risalgono al XV secolo.
Negli anni successivi si consolida l'uso degli ottoni nelle truppe per
accompagnare le marce e suonare le adunate, ma col tempo la banda conquista
anche un ruolo "non militare", uscendo dal confine "guerresco" e cominciando a
far sentire la sua "civile" presenza, cosa che accadde a partire dagli anni
seguenti la Rivoluzione Francese.
In quell'epoca si attuò un profondo mutamento della vita musicale, poiché la
nostra arte preferita, prima in gran parte riservata ad un ristretto gruppo
elitario, principi ed affini, cominciò a diffondersi in ogni angolo della
società; da qui nascono i riferimenti alla banda come strumento "popolare" per
eccellenza.
Nell'Ottocento anche alcuni grandi autori come Weber, Berlioz, Listz, Wagner e
in Italia Rossini e Ponchielli si accorgono delle sue potenzialità timbriche e
le dedicano pregevoli partiture, senza contare i compositori d'opera che
introducono, in aggiunta alla normale orchestra sinfonica, gruppi di fiati
nascosti dietro il palco per alcuni "effetti speciali", come Mozart nell'aria
del "Farfallone amoroso" da "Le nozze di Figaro" che abbiamo minuziosamente
descritto su Midi Songs n.78 del maggio scorso, o Verdi in "La Traviata", per
non parlare di "Aida" e delle ormai mitiche trombe egizie comparse su Midi
Songs n.85 di inizio 2001.
Un ulteriore sviluppo si ebbe nel XIX secolo per merito delle musiche militari
prussiane, mentre in Italia uno dei primi Comuni a dotarsi di una banda nel
senso moderno del termine fu Roma che, forte dell'antica tradizione
"bellicosa", nel 1871 mise insieme la bellezza di 80 musicisti affidandoli
alle cure del M° Vessella, un nome che incontreremo ancora.
In seguito, o poco prima, furono fondate le grandi bande dei corpi militari:
quella della Marina in primis nel 1870 con sede a La Spezia (ma guarda un po',
proprio a due passi da casa mia, che onore!) e poi in ordine sparso quelle
dell'Aeronautica Militare, dei Carabinieri, dei Bersaglieri, della Guardia di
Finanza, della Polizia di Stato e delle Truppe Alpine, compresa quella della
Divisione Taurinense che ha allietato il mio servizio militare piumato in quel
di Cuneo.
LUOGHI COMUNI
Restando all'Ottocento, si può fare una distinzione, ancora valida, riguardo ai luoghi di esibizione delle bande:
- la piazza
- la chiesa
- il teatro.
Anche se
sono aumentate in tempi recenti, le esibizioni bandistiche in un teatro non
sono ancora eventi molto diffusi, per lo meno non in tutte le zone d'Italia;
l'esatto contrario vale per i concerti in piazza, il luogo per eccellenza in
cui incontrare i "banditi", come i bandisti, con la esse, usano chiamarsi
spiritosamente tra loro.
Mentre per quanto riguarda la chiesa sarebbe più preciso scrivere "la piazza
della chiesa", unendo così due luoghi, oppure "chiesa itinerante" (o
semovente?), intendendo l'accompagnamento di processioni e funerali
(personalmente mai visto bande a matrimoni, ma chissà...) all'esterno
dell'edificio sacro, mentre esecuzioni all'interno sono più rare, anche se le
tradizioni possono variare molto da un paese all'altro.
Nel periodo storico considerato la figura del "direttore di banda" aveva un
ruolo di primissimo piano, essendo spesso il vero "motore" della vita musicale
del posto, soprattutto nei piccoli centri, per via delle sue numerose
funzioni: non solo direttore, ma anche orchestratore, per adattare i brani
secondo l'organico a disposizione, e poi insegnante di strumenti vari,
direttore del coro parrocchiale, a conferma che canto corale e attività
bandistica possono coesistere felicemente, nonché organista.
Chissà, forse anche la scoperta di quest'ultimo punto ha fatto risvegliare
inconsciamente il mio interesse per la materia...
COME ERAVAMO PARTE SECONDA
Agli inizi del secolo scorso la parola "musica" in Italia aveva un solo
significato: musica lirica.
L'opera era la nostra grande passione, mentre altri generi come la sinfonia,
di importazione tedesca, e la musica da camera riscuotevano un'accoglienza più
tiepida. E allora la banda cosa fa?
Si mette a suonare l'opera, non nel senso di sostituire l'orchestra a teatro,
ma di portare nelle piazze le melodie operistiche, facendo fiorire il fenomeno
della trascrizione. E se non è opera, è...operetta: accanto alle arie liriche
i pezzi più gettonati erano i "ballabili", e prima che qualcuno tirasse fuori
il tuca tuca il ballo per eccellenza era il valzer, preso a piene mani
dall'equivalente "leggero" dell'opera lirica.
Alcuni direttori però cercarono a poco a poco di allargare un repertorio così
limitato, introducendo trascrizioni di brani e autori più "difficili", meno
popolari, quali Mendelssohn, Richard Strauss, Wagner; tale significativa
novità produsse le più disparate reazioni, non sempre positive, ma alla fine
fu accettata.
Grande merito in questa operazione di ampliamento del repertorio bandistico va
al M° Alessandro Vessella (1860- 1929), considerato "il padre" della
banda italiana. I suoi sforzi produssero inoltre l'istituzione, nel 1896
presso il Conservatorio di Roma, del corso di Strumentazione per banda (egli
scrisse al proposito un famoso Trattato sulla materia), oggi presente in
diverse altre sedi.
Appena conclusa la seconda guerra mondiale la banda come istituzione visse un
momento difficile, non soltanto per ovvi problemi economici e organizzativi,
ma anche perché "minacciata" inaspettatamente dall'avvento e la rapida
diffusione di mezzi musicali nuovi: il disco, e poi la radio e la televisione,
che portarono la musica, lirica e sinfonica, nazionale o straniera, in ogni
casa, appropriandosi di quella funzione divulgativa che fino ad allora era
stata svolta quasi unicamente dai gruppi bandistici.
Il loro livello qualitativo si abbassò, e come si è detto sopra medio-basso è
rimasto a lungo in molti posti, da cui il pregiudizio che tutte le bande siano
un bello spettacolo "di colore", ma piuttosto scadenti dal punto di vista
strettamente artistico-musicale, cosa non rispondente alla realtà.
Il livello esecutivo si è sempre mantenuto elevato soltanto nei complessi
militari, i quali però sono un capitolo a sé stante, come spiegheremo meglio
prossimamente.
Da qualche anno in qua ha finalmente avuto inizio un movimento di "riscossa"
delle bande: la formazione di direttori assai più preparata che in passato, un
migliore insegnamento della tecnica strumentale impartito alle giovani leve da
parte di maestri competenti, il confronto con complessi di paesi esteri in cui
la pratica bandistica si svolge su tradizioni di solido professionismo, questo
ed altro ha portato ad una rinascita della banda civile italiana e ad un netto
innalzamento della sua qualità, e oggi non sono pochi i gruppi italiani,
talvolta deliziosamente guarniti di brave majorettes, che partecipano con
successo a concorsi e manifestazioni internazionali.
Altri dettagli sulla situazione attuale della banda italiana saranno forniti
nella prossima puntata[...]
* Tratto da www.bandeinrete.net *