L'OBOE


L’invenzione dell’oboe risale alla metà del sec. XVII e fu opera dei musicisti della corte di Luigi XIV di Francia, all’epoca in cui erano diretti da Lully. Il nuovo strumento rispondeva all’esigenza di disporre di aerofoni ad ancia adatti ad ambienti chiusi (dove la sonorità delle bombarde risultava eccessiva e fastidiosa) e soddisfaceva in pieno ai nuovi bisogni di varietà timbriche, di duttilità e brillantezza, particolarmente sentiti nei confronti dei fiati.

L’oboe andò così a costituire il polo attorno a cui si sviluppò la sezione dei legni nelle orchestre dell’epoca di Bach. Usato dapprima soprattutto per doppiare il violino, divenne nel ‘700 strumento solista, mantenendo peraltro un indispensabile ruolo in orchestra. L’oboe è costituito da un tubo di forma leggermente conica, in legno d’ebano e lungo circa 65 cm; ha l’imboccatura ad ancia doppia ed è munito di chiavi.

Dal timbro leggermente nasale, incisivo e penetrante, è assai preciso nell’intonazione (non a caso è lo strumento che “da il La” agli orchestrali affinché tutti possano accordare con esattezza i loro strumenti); l’oboe sa offrire accenti di pastorale delicatezza, anche perché ha una sonorità abbastanza simile a quella delle cornamuse e delle zampogne. In generale è adatto alla cantabilità più che al virtuosismo tecnico.